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Channel: Scuola e Ragazzi - Salone Internazionale del Libro di Torino
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Un’Italia disfutura affascinata dalle disonestar: i neologismi dei ragazzi di Andrea Bajani

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neologismi iconDopo il successo incontrato al Salone 2012, anche quest'anno ventidue ragazzi di nove scuole superiori torinesi (dagli istituti professionali ai licei classici) hanno interrogato per tre mesi, sotto la guida dello scrittore Andrea Bajani, il mondo nel quale si trovano a vivere ed hanno coniato dieci parole nuove.

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Il Vocabolario Allargato 2013

Dopo il successo incontrato al Salone 2012, anche quest'anno ventidue ragazzi di nove scuole superiori torinesi (dagli istituti professionali ai licei classici) hanno interrogato per tre mesi, sotto la guida dello scrittore Andrea Bajani, il mondo nel quale si trovano a vivere e hanno coniato dieci parole nuove. Dieci parole che non ci sono ancora nel vocabolario e proprio per questo raccontano tutta l'urgenza espressiva per fissare il presente e il futuro: Disonestar, Disfuturi, Sovravvivere, Eteriderio, Demolitica, Onnifood, Monetica, Svivere, Linkotico, Subizionista.

I ragazzi del piccolo comitato scientifico salgono nuovamente sul palco del Village insieme ad Andrea Bajani e a scrittori, linguisti, antropologi, saggisti, romanzieri e poeti introdotti da Michele Serra. Tutti autori che hanno voglia di confrontarsi, attraverso il linguaggio, sull'Italia degli anni Zero. Si scaverà dentro le parole e le si utilizzerà come sismografo per capire se e quali scosse agitano l'Italia. Prosegue dunque quell'approccio politico antropologico alla lettura e alle parole che da due edizioni contrassegna questa sezione del Salone. Non la consueta formula della presentazione di libri, ma piuttosto un confronto – a partire dai libri ma non solo – con gli autori. Si tratta di mettere in atto, insieme ai ragazzi in sala, un sano esercizio critico.

AmdreaBajaniTag2012 1Coniare parole nuove significa fare – anche – un atto politico, perché implica due azioni fondamentali: scegliere e inventare. Scegliere significa assumersi la responsabilità di rinunciare a qualcosa, implica una presa di posizione. Scegliere una parola significa proporre una forma del mondo. Inventare vuol dire pensare in termini di futuro, di qualcosa che ancora non c'è. Questo è un atto politico, e dunque pedagogico. Significa fare un "inventario" di tutto quello che c'è, reimpastarlo con dentro un pizzico di progettualità, e poi avere qualcosa di nuovo da proporre alla società dei parlanti, degli scriventi, e dei leggenti. Ecco perché proporre dieci neologismi, coniati da un gruppo di ragazzi di 15-18 anni, delle scuole superiori, significa prendere una posizione, proporre una fotografia del Paese scattata ad altezza di adolescente.

Che cosa si è affacciato nel mondo? Nell'edizione 2012 il progetto era partito quasi per gioco: quello di provare a costruire un mondo senza accontentarsi delle parole già presenti nel vocabolario. Poi di fronte ai risultati, ci si è resi conto che rappresentava un prezioso strumento di lettura del presente. La parola "Rinuncianesimo" – una delle dieci coniate nella passata edizione – ha avuto ampia fortuna mediatica e ampia diffusione per via del fatto che descriveva un sentimento (quasi una religione, appunto) capillarmente diffuso in Italia. Era una parola mappamondo: a guardarla ci si poteva trovare un Paese intero. Da qui l'idea di trasformare questo progetto in una sorta di Osservatorio linguistico del presente, con la particolare prospettiva di arrivare da parlanti (e quindi da osservanti) di 15-18 anni.

La fotografia dell'Italia che i ragazzi hanno scattato, attraverso le parole che hanno inventato, è quella di un paese in cui sono in tanti a subire il fascino di chi viola la legge, di chi calpesta l'etica, in una prospettiva tutta "presentista", con l'idea del futuro e della politica che sembra rotta, disfunzionale. Gli adolescenti – e il loro uso della lingua – sono un fondamentale liquido di contrasto per evidenziare cosa si muove, o non si muove, dentro i nostri confini nazionali. E dunque una politica sfinita e sfinente, corrosiva più che costruttiva, un uso pericoloso dell'attacco personale, l'invadenza oleosa e onnipresente del cibo, il desiderio di essere qualcun altro senza credere di fatto però nella delega.

 

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